Visita alla Palazzina di Caccia di Stupinigi, gioiello di casa Savoia
La Palazzina di Caccia di Stupinigi è uno dei gioielli di Torino e si raggiunge seguendo un percorso lineare di 10 chilometri con partenza da piazza Castello. Dapprima fra alti caseggiati, poi in una zona industriale fino ad arrivare ad un lungo viale alberato fiancheggiato dalle scuderie e dalle cascine, dopo aver scavalcato la tangenziale.
Questo è anche il precorso di una gara podistica, che, non a caso, si chiama Tutta Dritta e che arriva proprio a Stupinigi.
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La piazza ad anfiteatro
Una piazza a forma di anfiteatro, chiusa da una cancellata lineare accoglie i visitatori. La sagoma della Palazzina è inconfondibile, con la facciata, sormontata dalla statua del Cervo di Francesco Ladatte, una copia dell’originale, che attualmente è conservato nell’ingresso della palazzina.
Stupinigi è circondata da un parco di oltre 150.000 metri quadri, destinato ad accogliere e ad impressionare gli ospiti di corte.
Breve storia della Palazzina di Caccia di Stupinigi
La Palazzina in passato era un castello, costruito in epoca medievale ed entrato nei possedimenti dei Savoia nella seconda metà del XVI secolo. La gestione della palazzina fu data all’ordine Mauriziano, ma fu grazie a Vittorio Amedeo II che la Palazzina raggiunse i fasti che si possono ammirare ancora oggi.
Va detto che tutto, all’interno della costruzione, è basato sul tema della caccia, pertanto puristi ed animalisti potrebbero inorridire. La costruzione e le decorazioni presentano, però, un fantastico spaccato sulle mode delle varie epoche e ne fanno un vero capolavoro, oltre che una testimonianza dei costumi dell’epoca.
La costruzione fu realizzata sul progetto inziale di Filippo Juvarra nel 1729 e poi continuata da da Benedetto Alfieri, Giovanni Tommaso Prunotto e Ludovico Bo. Con il passare degli anni vennero aggiunte le scuderie e le cascine fino ad arrivare alla conformazione odierna.
Fasti e decadenza
Si ha notizia della prima battuta di caccia nel 1731, poi la proprietà, dopo alterne sorti, ritornò di proprietà della famiglia reale nel 1832, che la cedette al demanio per poi essere restituita all’Ordine Mauriziano nel 1925.
Successivi dissesti finanziari portarono alla costituzione di una fondazione che gestisce tutt’oggi la residenza, recentemente oggetto di restauro con una spesa di alcune decine di milioni euro.
Decorazioni interne della Palazzina
Le decorazioni interne riportano scene di caccia, declinate in vari stili, fra i quali spicca per originalità lo stile orientale, molto di moda nelle corti europee del XVIII secolo
Il vero capolavoro della Residenza è il grande salone ovale, in mezzo al quale troneggia un enorme lampadario, contornato da dipinti che rendono la sala imponente e la cui grandiosità, a dirla tutta mette anche l’ospite un po’ in soggezione.
Splendide sono anche le decorazione delle varie sale in stile Rococò Italiano con gli splendidi mobili ad intarsio, prova di una grande maestria degli artigiani dell’epoca.
Fritz, l’elefante del Re
All’ingresso della biglietteria della Palazzina campeggia la statua di un elefante, che ha subito attratto la mia attenzione.
Ho scoperto che l’elefante non è semplicemente una statua messa lì per abbellire il giardino, ma la memoria di un animale che per un po’ di anni animò la Palazzina.
Si tratta di Fritz, l’elefante indiano che il viceré d’Egitto dono al re Carlo Felice e che si insediò a Palazzo il 4 giugno 1827.
Per accogliere l’elefante fu costruita la Ménagerie, che successivamente ospitò anche molti altri animali esotici.
Fritz divenne subito l’attrazione principale del Palazzo e beniamino degli ospiti, tanto da essere ritratto in dipinti e bassorilievi.
Fritz ebbe inoltre l’onore di l’unico soggetto animale immortalato in una fotografia dell’epoca, con la tecnica del dagherrotipo.
Studi sul comportamento di Fritz
I responsabili della Ménagerie che si avvicendarono nel tempo tennero accurati diari del comportamento dell’animale, sulla sua alimentazione, malattie ecc.
Il golosastro ingeriva “50 pani al giorno di 3 libre genovesi cadauno… 24 cavoli lombardi… o invece 4 libbre di butiro con 16 di riso cotto, zuccaro nell’acqua di libre 5, vino pinte una, due al giorno, tabacco da fumare, e fumo di persona fumante”, ma l’alimentazione forse non era quella ideale, visto che Fritz faceva spesso indigestione.
Pare che per curarlo si usasse il vino di Malaga.. ve lo immaginate un elefante ubriaco?
Forse anche a causa dell’alcolismo (non è una realtà storica, è una mia invenzione), nel 1852 Fritz uccise il suo guardiano. A parte gli scherzi l’uccisione del guardiano è storia, un triste avvenimento che gli costò la vita, venne infatti soppresso nello stesso anno 1852. Il corpo imbalsamato fu donato al Museo zoologico della Regia Università di Torino.
Oggi il corpo dell’animale si trova presso il Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino.
Nel 2015 il Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino e la Fondazione Ordine Mauriziano hanno realizzato la mostra “Fritz. Un elefante a corte” nella Palazzina di Caccia di Stupinigi.
Fonti: Wikipedia, Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino, PiemonteItalia
Galleria fotografica della Palazzina di Caccia di Stupinigi
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Come arrivare a Stupinigi
Si può arrivare a Stupinigi comodamente in auto uscendo al casello Stupinigi della Tangenziale di Torino A55/E64 (da Milano seguire le indicazioni per Savona/Cuneo) e poi seguendo le indicazioni
Arrivando in treno o partendo da Torino Porta Nuova con il Tram n. 4 e poi il Bus 41 da Castello di Mirafiori.
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