Origini storiche e significato dei simboli buddisti
Se vi chiedete perché sia utile conoscere i simboli buddisti leggete questo articolo. Apprendere il più possibile della cultura dei luoghi che si intende visitare è uno degli aspetti più importanti nella preparazione di un viaggio e la religione è un aspetto fondamentale.
Durante un viaggio in Asia, e nel sudest asiatico in particolare, conoscere la simbologia buddista, spesso influenzata da quella induista, permette di comprendere meglio il messaggio delle sculture, dei dipinti, ed in genere di ogni tipo di rappresentazione visiva, soprattutto all’interno dei templi e dei musei, ma anche nei momenti di vita quotidiana. Un modo in più per entrare in contatto coi luoghi visitati.
Le indicazioni fornite sono una panoramica, e le pratiche religiose possono essere differenti da luogo a luogo, pertanto vanno considerate come uno spunto per eventuali approfondimenti.
ATTENZIONE: le indicazioni presenti negli articoli sono fornite gratuitamente a scopo divulgativo e potrebbero essere non aggiornate o incomplete. Prima di acquistare, di prenotare o di partire, consultate sempre i siti ufficiali. Alcuni link in questo articolo sono link di affiliazione (anche i link ad Amazon*). Gli articoli aggiornati o pubblicati a partire da febbraio 2024 riportano un asterisco* accanto ai link di affiliazione.
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Astamangala, otto simboli di buon auspicio nella simbologia Buddista
Il cuore principale delle simbologie Buddiste è rappresentato dagli otto simboli di fortuna, di buon auspicio, chiamati o Astamangala (asta=otto, mangala=di buon auspicio). Questo è un insieme di simboli del Buddismo indiano, diffusi anche in Tibet e, più raramente, in Asia Orientale. Si tratta di un insieme di oggetti simbolici che erano associati ai regnanti e che nel Buddismo simboleggiano diverse qualità.

La Conchiglia nella simbologia Buddista
La Conchiglia è il simbolo del suono del Dharma che risveglia gli esseri alla loro natura di Buddha.

La conchiglia bianca con spirale era usata nell’Induismo come attributo di Vishnu. È un simbolo usato anche in altre religioni o in contesti diversi, come la conchiglia di Arjuna chiamata Devadatta nel Mahabharata, che significa donata da Dio.
Intesa come strumento musicale, nel Buddismo simboleggia la melodia pervasiva del Dharma, capace di farsi sentire da ogni essere vivente.
Nella simbologia Buddista la conchiglia è di solito bianca, a punta e con la spirale che si avvolge in senso orario, verso destra.
I primi Buddisti lo adottarono come simbolo della sovranità degli insegnamenti del Buddha. La conchiglia testimonia il coraggio nel diffondere la verità del dharma e chiama le persone al risveglio ed al lavoro per il bene comune.
Sul corpo del Buddha è raffigurata con tre linee curve sulla gola e rappresenta la sua voce che risuona autorevolmente in tutte le dieci direzioni dello spazio.
Negli otto simboli di buon auspicio, la conchiglia bianca è solitamente posizionata verticalmente, spesso con un nastro di seta infilato attraverso la sua estremità inferiore. La conchiglia può anche essere presente adagiata in orizzontale come contenitore per i profumi. A volte è tenuta nella mano sinistra e simboleggia la saggezza delle divinità.
Ruota del Dharma
Conosciuta anche come Dharmachakra o Ruota della Legge, il suo movimento rappresenta la trasformazione spirituale rivelata dagli insegnamenti del Buddha.

Il primo discorso del Buddha al Parco dei Cervi di Sarnath, dove insegnò per la prima volta le Quattro Nobili Verità e l’Ottuplice Sentiero, è conosciuto come il Primo Giro Della Ruota Del Dharma.
I tre componenti della ruota nella simbologia Buddista: il mozzo, i raggi ed il cerchio, simboleggiano i tre aspetti degli insegnamenti buddisti. Il mozzo rappresenta la disciplina e l’integrità, i raggi rappresentano la saggezza che fende l’ignoranza, il cerchio, infine, rappresenta la concentrazione meditativa, che facilita il movimento della ruota. A volte la ruota è rappresentata con mille raggi, come i raggi del sole, che rappresentano le mille attività e gli insegnamenti dei Buddha. A volte la troviamo invece con otto raggi ed in questo caso simboleggia l’Ottuplice Nobile Sentiero del Buddha e la diffusione di questi insegnamenti verso le otto direzioni.
Il Pesce o i due pesci
Un simbolo di felicità e libertà. I due pesci dorati, anche se a volte vengono rappresentati con altri colori, rappresentano la felicità degli esseri salvati dall’oceano dell’esistenza terrena e la libertà perché possono muoversi senza vincoli nell’acqua.

In sanscrito la coppia di pesci è conosciuta come Matsyayugma, che significa pesce accoppiato. Erano originariamente associati ai due principali fiumi sacri dell’India, il Gange e lo Yamuna.
Nel Buddismo i pesci rappresentano la felicità e l’impulsività, poiché hanno completa libertà di movimento nell’acqua. Sono anche visti come l’incarnazione della fertilità, poiché si moltiplicano molto rapidamente e rappresentano la libertà dagli obblighi della casta o dello status. I pesci sono spesso rappresentati in coppia e ad esempio in Cina la coppia di pesci simboleggia l’armonia e la lealtà coniugali, tanto da essere tradizionalmente uno dei regali di nozze.
Il mare nei simboli Buddisti tibetani è associato al mondo della sofferenza, noto come il ciclo del Samsara. Si ritiene che i pesci d’oro significhino coraggio e contentezza mentre nuotano spontaneamente attraverso gli oceani senza annegare. Sono tradizionalmente disegnati con le sembianze di una carpa, che in Asia è apprezzata per l’eleganza e la e la longevità.
Il Nodo Infinito
Un simbolo di pace e armonia, chiamato in sanscrito srivatsa, in tibetano dpal be’u.

Per la sua importanza e la semplicità del disegno, il nodo Infinito viene utilizzato spesso da solo. Può essere usato come ciondolo o decorazione e se raffigurato su un biglietto di auguri, agevola la creazione di un legame duraturo tra chi dona e chi riceve il regalo. In questo senso rappresenta anche un legame indissolubile fra il presente ed il futuro, ricordando come quello che facciamo oggi sia la base di quanto otterremo nel futuro.
Anche il nodo infinito, o diagramma fortunato, come viene chiamato a volte, trova le sue origini nell’Astamangala ed è inizialmente descritto come una linea che “gira come una svastica”, per il fatto che questi simboli venivano spesso associati nell’Induismo più antico. Il nodo infinito o eterno è comune ad altre tradizioni e lo possiamo osservare anche nell’Islam o nelle tradizioni celtiche. In Cina rappresenta la longevità, la continuita, l’amore e l’armonia.
Nella simbologia Buddista il nodo rappresenta la compassione e la saggezza del Buddha ed è inteso anche come simbolo dei dodici legami o della coproduzione condizionata, che sono citati negli insegnamenti del Buddha.
Il Fiore di Loto
Un simbolo di illuminazione e della purezza originaria, per la sua capacità di fiorire in stagni melmosi senza traccia di impurità sui suoi petali. È uno degli elemnti di base della simbologia del Buddismo e lo si ritrova spesso nelle rappresentazioni del Buddha o dei Bodhisattva che spesso sono seduti su un fiore di loto aperto.

Il loto è anche un importante simbolo di purezza e rinuncia.
Nell’Induismo Surya, il dio del sole vedico, tiene un loto in ciascuna delle sue mani, a tracciare il percorso del sole attraverso i cieli. Brahma nasce da un fior di loto che cresce dall’ombelico di Vishnu. Anche Padmasambhava, il maestro tantrico che introdusse il Buddismo in Tibet ed il cui nome significa “nato dal loto”, fu concepito da un loto che sbocciò sul lago Dhanakosha nel regno indiano occidentale di Uddiyana.
Il loto buddista è rappresentato con quattro, otto, sedici, ventiquattro, trentadue, sessantaquattro, cento o mille petali. Questi numeri sono correlati ai loti interni o chakra del corpo sottile e alle componenti numeriche del mandala. Quando viene tenuto in mano, il loto è spesso rosa o rosso chiaro, con otto o sedici petali, ma lo possiamo trovare anche con altri colori.
Il fatto che il loto affondi le sue radici e nasca dal fango e rimanga in superficie splendidamente bello e profumato, indica il progresso dell’anima dal fango originario dell’avidità, attraverso le acque dell’esperienza, fino al luminoso sole dell’illuminazione.
Spesso il Buddha è rappresentato seduto su un fiore di loto, specialmente in Tibet.
L’ombrello o Parasole
L’ombrello o Parasole è un simbolo di protezione dalle malvagità, problemi e malattie. Tradizionalmente il parasole è un simbolo di regalità, la semisfera dell’ombrellone rappresenta la saggezza, mentre la seta appesa rappresenta i diversi percorsi verso la compassione.

Il parasole bianco che fu presentato al Buddha dalla maestà degli spiriti-serpente simboleggia la sua attitudine a difendere tutti gli esseri dalle delusioni e dalle paure.
In Tibet, a seconda del rango, le persone avevano diritto ad un ombrellone diverso, ad esempio i capi religiosi avevano diritto ad un ombrello di seta, mentre i governanti secolari sfoggiavano parasole con piume di pavone ricamate. I personaggi più nobili, come Sua Santità il Dalai Lama hanno diritto a entrambi, e nelle processioni, ad esempio lo precedono durante l’itinerario.
Il Vaso del Tesoro
Un simbolo del generoso tesoro degli insegnamenti del Buddha. Nella simbologia Buddista è raffigurato come un contenitore, di solito dorato, decorato con fiori di loto e una singola gemma che esaudisce i desideri o un gruppo di tre gemme che ne sigillano l’apertura, a simboleggiare i Tre Gioielli Buddha, Dharma e Sanga.

Il suo significato simbolico nel tempo è stato associato alla conservazione e ai desideri materiali. Nelle leggende e nelle fiabe di tante culture diverse, ad esempio, c’è l’immagine fantastica di un vaso inesauribile.
Il vaso rappresenta l’abbondanza spirituale del Buddha. Non importa quanto del suoi tesori di insegnamenti il Buddha abbia elargito, il vaso del tesoro rimane sempre pieno, come l’amore e la saggezza del Buddha, pur essendo stati trasmessi a tutte le persone nel corso dei secoli, non diminuiscono mai.
Esteriormente il vaso è realizzato di solito come un tradizionale vaso indiano per l’acqua o kumbha, con base piatta, corpo rotondo, collo stretto e bordo superiore scanalato.
La Bandiera della Vittoria
Lo stendardo o bandiera della vittoria, chiamata in sanscrito dhvaja, è un attributo di molte divinità, in particolare quelle associate alla ricchezza e al potere.

In origine era uno stendardo militare che portava le insegne della propria fazione. Ad esempio, nel Mahabharata, il carro di Krishna era adornato con uno stendardo che mostrava l’immagine di Hanuman.
Nella simbologia Buddista, la bandiera è un simbolo della vittoria della consapevolezza e della saggezza sulle negatività: su orgoglio, paura, avidità, ed ogni malessere spirituale.
La bandiera della vittoria è anche la rappresentazione della vittoria del Buddha sui quattro Mara, che personificano gli ostacoli sulla via della realizzazione spirituale: il Mara della contaminazione emotiva, il Mara della passione, il Mara dell’orgoglio e della lussuria ed il Mara della paura della morte.
Fu solo dopo aver conquistato questi quattro tratti negativi che Buddha poté proclamare la vittoria sull’ignoranza e raggiungere il nirvana.
Gli stendardi della vittoria cilindrici in rame battuto sono tradizionalmente posti ai quattro angoli dei monasteri e sulle cupole dei templi. Questi stanno a simboleggiare il dharma vittorioso del Buddha che si irradia nelle quattro direzioni e anche il suo trionfo sui quattro Mara menzionati sopra.

Oltre Astamangala, gli altri simboli nel Buddismo orientale
Oltre gli otto simboli dell’Astamangala, ci sono altri simboli che è possibile ritrovare nei templi e nelle cerimonie Buddiste e variano a seconda del paese e della tradizione locale.
La Svastica nella simbologia Buddista ed Induista
La Svastica è un antico simbolo religioso usato molto spesso nelle religioni orientali come il Buddismo e l’Induismo.

La svastica è un simbolo molto più antico e diffuso, con lievi varianti di forma, dalla Mongolia alla Cina, all’America centrale, al bacino mediterraneo. Essa rappresenta il sole che ruota nel cielo, recando un augurio di fertilità e di benessere.
La svastica buddista è una croce con le linee principali in asse con il terreno e con le braccia a sinistra (al contrario della svastica nazista inclinata di 45 gradi con le braccia a destra) ed è rappresentata in molteplici forme: alcune con punti, altre con spirali o altri segni.
Sebbene la svastica sia un quasi tabù in Occidente, fa parte della cultura orientale da sempre. La parola Svastica deriva da una parola in sanscrito che significa buona fortuna o benessere. Durante l’era Meiji (1868-1912), in Giappone la svastica era così comunemente usata, che era normale usarla come simbolo di un tempio sulle mappe. Solo in occasione delle olimpiadi il Giappone ha abbandonato questo simbolo sulle mappe (fonte The Guardian). Che tristezza, abbandonare le tradizioni in nome della globalizzazione, non è così che si mostra rispetto.
In molti casi anche i primi Buddisti, come nell’Induismo, usavano la svastica per segnare l’inizio dei testi sacri, in poiché la svastica era considerata un simbolo universale dell’armonia.
L’Enso
Simboleggia l’illuminazione definitiva, la forza, l’eleganza, l’universo e il vuoto ed è usato soprattutto in Giappone nel Buddismo Zen.

L’Enso è chiamato anche Il Cerchio dell’Illuminazione. È un cerchio disegnato a mano in un tratto di pennello ed esprime il momento in cui la mente è libera di lasciare che il corpo crei: a volte il cerchio è aperto, a volte è chiuso. Esso simboleggia molte cose: la forza, l’eleganza, l’universo, il nostro vero e più intimo sé, la bellezza nell’imperfezione e l’unità di tutte le cose nella vita. Simboleggia anche il perfetto stato meditativo o illuminazione.
L’Enso rappresenta un’espressione visiva del Sutra del Cuore. La forma è vuoto ed il vuoto è forma: un cerchio in cui tutto è contenuto all’interno, e tutto è escluso dai suoi confini.
L’Albero della Bodhi
Bodhi è una parola Pali che significa “risvegliare”, e l’albero della Bodhi è quello sotto il quale il Buddha era seduto quando raggiunse l’illuminazione, per questo motivo oggetto di particolare venerazione nel buddismo.

Questo albero della Bodhi è una varietà di fico nota ai botanici come Ficus religiosa e che ha grandi rami espansi e foglie arrotondate con una caratteristica punta appuntita.
Nei diversi resoconti dell’Illuminazione del Buddha, l’Albero della Bodhi non è menzionato spesso, ma la tradizione vuole che dopo la sua illuminazione, il Buddha sia rimasto per sette giorni a guardare l’albero della Bodhi in segno di gratitudine per il riparo che gli aveva dato.
Oggigiorno questi alberi vengono piantati all’esterno dei templi e con i semi si fabbricano i rosari (come questo) o mala, mentre le foglie sono a volte usate come amuleti.
Il frutto contiene serotonina e secondo alcune testimonianze potrebbe essere stato usato in passato come una sorta di allucinogeno, anche se attualmente non vi sia traccia di questo utilizzo.
Le Ruote della Preghiera
La ruota della preghiera è un cilindro che ruota su un asse centrale realizzato in metallo, legno o pietra, cuoio o cotone grezzo. Tradizionalmente, sull’esterno della ruota è impresso il mantra Om Mani Padme Hum in sanscrito. Oltre ai mantra, a volte sulle ruote di preghiera sono raffigurati degli spiriti protettori e molto spesso gli otto simboli dell’Astamangala. Al centro del cilindro ci può essere un Albero Della Vita intorno al quale vengono poi avvolti i Mantra, a volte centinaia, a volte migliaia.

Secondo i fedeli Buddisti far girare la ruota corrisponde a pregare e ad ogni giro corrisponde una preghiera. Le ruote devono ruotare in senso orario, allo stesso modo in cui si percorrono i perimetri di templi e monasteri, anche questo come atto di preghiera.
Le ruote della preghiera di solito sono fatte ruotare a mano dai fedeli, ma ne esistono anche di pù grandi che sono fatte muovere dall’energia del vento.
Le Bandiere Tibetane
Le bandiere di preghiera tibetane sono delle piccole bandierine di stoffa colorata, che vengono appese come benedizione. Sulle bandiere vengono scritti i mantra e le preghiere e si ritiene che il vento porterà questi messaggi in tutto il mondo a tutti gli esseri.

Le bandiere di preghiera risalgono probabilmente una antica religione tibetana precedente al buddismo. In questa religione chiamata Bon lo sciamano colorava le bandierine con i colori primari per uitilizzarle durante le cerimonie. Questo tipo di simbologia è tipica del Buddismo tibetano ed è assente in altre scuole buddiste.
Le bandiere erano usate nell’antichità nell’Induismo ed arrivarono in Tibet con il Buddismo a partire dall’ottocento, ma divennero di uso comune nel corso dell’XI secolo. La leggenda narra che le bandiere colorate erano già usate dal Buddha storico, che scriveva le preghiere sulle bandiere militari usate dai deva contro i loro avversari, gli asura.

Om o Aum
Om, che troviamo a volte scritto anche Aum, è un suono o una sillaba sacra che ha avuto origine dall’Induismo, ma è spesso associato al Buddismo e ad altre religioni. Nell’Induismo, Om è il suono della creazione, quella dal quale tutto ha origine e simboleggia le tre fasi dell’esistenza: nascita, vita e morte.

L’uso più popolare di Om nel Buddismo è in Om Mani Padme Hum, il Grande Mantra Luminoso di Sei Sillabe del Bodhisattva della compassione, Avalokitesvara. Quando cantano o osservano, le sillabe, i fedeli invocano la compassione del Bodhisattva e acquisiscono le sue qualità. AUM (Om) consiste di tre lettere separate, A, U e M. che simboleggiano il corpo, lo spirito e la parola del Buddha.
Mani è la via dell’insegnamento, Padme la saggezza del sentiero, e Hum la saggezza e il percorso verso di essa.
La Campana
Sin dai tempi antichi, in quasi tutte le religioni, le campane dei templi invitano alle cerimonie ed alla meditazione e la simbologia Buddista non fa eccezione.

Il suono di una campana accompagna il canto e guida i fedeli nella concentrazione sull’attimo presente. Le le campane a vento sono spesso appese alle grondaie degli Stupa e dei templi per creare spazi pacifici e meditativi, con i loro tintinnanti suoni.
Il suono della campana è la voce del Buddha. Rappresenta saggezza e compassione ed è usato per invocare la protezione delle divinità celesti e per allontanare gli spiriti maligni.
Molti templi Buddisti ed Induisti hanno campane appese agli ingressi che bisogna suonare prima di entrare o quando si esce.
Il Mala o Rosario Buddista
Mala è un termine sanscrito che significa corona, ghirlanda. Nel buddismo in genere identifica un rosario composto di grani, similmente al rosario cristiano ed ha lo scopo di tenere il conto dei mantra recitati.

Il Mala è fatto con un numero variabile di grani, in genere 108, ma comunque un multiplo di 9 e per ogni grano il fedele recita una frase (un mantra).
Il rosario termina con una pietra Meru, più grande dei grani e che non è inclusa nel conteggio dei 108. Serve ad indicare che il rosario è terminato.
I mala possono essere fatti con diversi materiali, il più tradizionale è fatto con i Semi di Rudraskha, un albero di medie dimensioni che produce dei semi che si dice siano stati generati dalle lacrime di Shiva cadute sulla terra. Questa pianta si trova in quantità sulle colline himalayane, in Bengala, in Madhya Pradesh, in Cina, in Birmania e in Indonesia.
I più classici Mala – ed anche i più economici – sono fatti di legno e sono quelli utilizzati dai monaci (vedi foto di copertina), ma ne esistono in altri materiali, anche se meno usati.
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Origine del Mala
Un testo del IV secolo a.C. noto come Mokugenji Sutra racconta dell’origine del Mala.
Il Re di Vahisali, Haruri, mandò un giorno un messaggero al Buddha perché il suo regno era devastato dalle malattie, dalle bestie feroci e da altre calamità, chiedendogli come potesse fare per donare sollievo alla popolazione.
Il Buddha, pieno di compassione, rispose che una via di salvezza c’era e consisteva nel portare sempre con se’ 108 grani dell’albero di saponaria, legati insieme e recitare con fervore i nomi di Buddha, del Dharma e del Sangha.
Re, se vuoi eliminare i desideri terreni e porre fine alla sofferenza, crea un filo circolare di 108 grani fatti con i semi dell’albero Mokugenji. Tienilo sempre con te. Recita Namu Buddha – Namu Dharma – Namu Sangha. Conta una perlina ad ogni ripetizione.
Sakyamuni
Il mantra riportato nel Sutra aveva il triplice significato della devozione al risveglio (o illuminazione), al giusto modo di vivere e alla comunità
Offerte tradizionali per l’altare e loro significati simbolici
Nel Buddismo vengono fatte offerte simboliche, che propiziano la gratitudine contemplativa e servono ad ottenere ispirazione. Nella pratica esse sono il veicolo per una migliore rinascita nel ciclo delle reincarnazioni, un progresso nella liberazione dalle sofferenze terrene ed una preparazione alla meditazione

Le offerte materiali tipiche comprendono oggetti semplici come una candela accesa o una lampada a olio, un bastoncino d’incenso, fiori, cibo, frutta, acqua o bevande.
In diverse tradizioni si individuano diversi tipi di offerte.
- Una candela o una lampada a olio sono il simbolo della luce della saggezza che illumina l’oscurità dell’ignoranza.
- Il profumo dell’incenso rappresenta il profumo della moralità ed è anche un simbolo di pace.
- I fiori rappresentano l’aspirazione a raggiungere l’illuminazione e l’insegnamento dell’impermanenza. In questo senso, un verso Zen esprime il desiderio che i fiori della mente sboccino nella primavera dell’illuminazione.
- Cibo, frutta, acqua, bevande rappresentano il nettare del Dharma e il desiderio di realizzarlo, ma sono anche un segno della generosità e della gioia nel donare.
- L’acqua rappresenta la purezza
Oltre alle tradizionali offerte di beni materiali, ci possono anche essere offerte immateriali, come il donare il proprio tempo, la condotta morale, la meditazione e la saggezza.
Fonti e approfondimenti e crediti
- Ashtamangala – Wikipedia
- The Eight Auspicious Symbols of Buddhism – Explore Tibet
- 8 Auspicious Symbols of Tibetan Buddhism – Tibet Travel
- Tibetan Buddhist Encyclopedia – https://www.tibetanbuddhistencyclopedia.com
- Buddhist offering – https://en.wikipedia.org/wiki/Offering_(Buddhism)
- Immagine Astamangala: Redtigerxyz, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons
- Icona Monk di Maxicons, bandiere e Om di Vectors Point, campana di Artdabana@Design, Icona Bodhi Tree di Kareemov da Noun Project
- Tutte le altre icone di Tania Magdieva da Noun Project o pubblico dominio
- Icona ruote di preghiera di Icongeek26 – Flaticon
- Icona Mala di Freepik – Flaticon
Per saperne di più sull’Indocina
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